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31.5.03

Quando si dice la sfiga

Giacomo: infortunato.
Ale e gli Altro: arrivano, suonano, ripartono.
Marco: non viene.
Andrea: non viene.
Bisi: deve studiare.
Sara: è a Pordenone da un'amica e poi torna a Milano.
Raffa: è in montagna con i genitori.
Enrico e Annina: non pervenuti.

Morale: non vado a Musica nelle Valli.

Karma police
I've given all I can
It's not enough
I've given all I can
But we're still on the payroll

27.5.03

Partire è un pò morire, dice il "saggio". Mi ricordo un idiota che aveva aggiunto sta battuta" ...ma traslocare fa cagare": in realtà la mie asettative verso l'imminente trasferimento verso Milano sono molteplici.
La nuova vita, un nuovo lavoro, nuove amicizie.
Possibilità di andare i concerti, indipendenza dai miei genitori: insomma tutte le cose che un normale 29enne sogna, no? in realtà non ho fatto le valigie, memore del detto di Paolo Bonolis secondo cui "la cosa migliore di un viaggio è immaginarlo".
Per il primo periodo starò da un amico, e tornerò a casa i fine settimana, così da non distaccarmi troppo : è strano come proprio nel momento in cui ti stacchi, cominci a vedere (e sentire) la mancanza dei tuoi.
Piccole sicurezze e stronzate che alla fine ti mancano.
In poche parole famagosta diventerà il mio nuovo "porto sicuro". Che dire? l'eccitazione per un nuovo lavoro, la voglia di far bene e di essere accettati, sperando di trovare un buon ambiente di lavoro: non mi sentivo così da lavoro all'Unesco, ( quello a venezia come bibliotecario, non contemplava la possibilità di inserirmi, lo avrei fatto comunque.
POi in qualche modo, racconterò.
a risentirci.
:Decibel:

25.5.03

Della porosità sociale

Ieri sera, due membri della Delegazione Triestina (bòn, Sara e io) si sono mossi in direzione di un evento sulla carta molto radical-chic: il vernissage (boia come mi piace 'sta parola: vernissage, te la fai rotolare sulla lingua come un amaretto, che lingua figona il francese) di "A tre passi dal fumetto", mini-esposizione delle opere di tre fumettisti e illustratori fra i quali Alessandro Baronciani, detto Ale, anche chitarrista degli Altro, il nick su Fastidis lo sanno tutti i frequentatori di Fastidis, e via dicendo. A me i disegni di Ale piacciono da matti, ma soprattutto mi piace stare dove le possibilità di una buona conversazione (o almeno di chiacchiere che non siano sul tempo) sono più alte che, che ne so, al Juice il sabato sera.

Sulla serata molto e nulla da dire, una serata piacevolissima e molto divertente, in cui ho appunto chiacchierato a macchinetta, Ale mi ha regalato una stampa bellissima che ho deciso di appendere nell'ingresso della mia piccola tana, e finale di bruschetta un po' secchina, supplemento di conversazione, accenno di relazioni pubbliche (un possibile contatto fra l'organizzatore della mostra e la mia amica Terri Stirling, che vive ad Angouleme, capitale francese del fumetto) e coda al TheArt& Co.

E' più o meno lì che mi sono accorta che ormai ho compiuto un giro a 360° nella "scena", e che davvero tutte le persone che conosco sono ad al massimo un grado di separazione le une dalle altre. La cosa da un lato mi fa piacere, dall'altro mi inquieta. Da brava ragazza di paese piccolo, preferisco tenere separate le mie frequentazioni: un gruppo di qua, uno di là, e che la mano destra (la gente del Velvet) non sappia cosa fa la sinistra (la gente che frequento a Trieste). Ormai impossibile. Da qualsiasi punto della mia rete sociale, si può arrivare all'altro al massimo in due passaggi.

Sicché non posso più raccontare niente di personale a nessuno senza rischiare che la notizia arrivi anche dove non voglio. Chiamatela paranoia, ma questa porosità dell'ambiente sociale in cui mi muovo mi sta costringendo a una riservatezza ai limiti della paranoia. L'atmosfera da terza media non aiuta, ovviamente. E se da un lato mi trovo a fare da ponte fra un bel po' di gente, è anche vero che ogni tanto mi piacerebbe conoscere qualcuno CHE NON CONOSCA NESSUNO dei miei amici e conoscenti...

OK, rant mode off... ieri sera mi sono divertita, grazie Ale per la stampa e la spillina, grazie a tutti.

22.5.03

"E! True Hollywood Story" - Justine Bateman - Facts

Ve la ricordate?

Vabbè, nostalgia per gli anni '80 (poca) a parte, Corrado ha ragione: daghedaghedaghedaghe*! E che ve lo diciamo a fare? Finché vi bastano l'energia e il fiato, finché ne avete la forza, dateci dentro...

... perché oggi riflettevo che mi restano solo nove anni e mezzo prima di entrare nella mezza età, ed essere una di quelle che i miei amici maschi chiamano con disprezzo "le quarantenni". Non sono tanti, nove anni e mezzo. I dodici anni passati a Trieste sono volati, e il tempo ha già cominciato ad accelerare.

Per cui, daghe, appunto...

*non siete triestini? Daghe = "dàgli", vale a dire "datti da fare"

21.5.03

Pussa via, Marilyn

Monza e Milano non vogliono Marilyn Manson, o meglio, i loro sindaci non sono d'accordo. Fa ridere solo me, questa cosa? Bloccare un concerto di Marilyn Manson è come impedire l'allestimento di Notre Dame de Paris, o l'arrivo di Zelig. Quello di Marily Manson, signori sindaci del nordest, è un carrozzone puramente ironico. E se veramente temete che i vostri ragazzini tornino a casa e diano fuoco al crocifisso sopra al letto, o si vestano con una tutina aderente e il rossetto rosso, vuol dire che a) non avete stima e rispetto dei vostri ragazzi, non li cononoscete, non vi interessano e b) ve li filate pochissimo.

Non c'è niente di diseducativo in Marilyn Manson. Solo gli americani possono ancora scandalizzarsi per una lente a contatto bianca e qualche litro di sangue finto. E' Grand Guignol, è mascherone, è rappresentazione, e musicalmente non vale una cippa, per inciso. (Casomai è quello il problema, tanto casino e tanto disturbo per un concerto tutto sommato mediocre.) Ma chiamarlo "diseducativo" significa non saperne nulla, e dimostra una pruderie quantomeno sospetta. Passano più messaggi diseducativi in cinque minuti di varietà in fascia protetta che in due ore di Marilyn Manson...

20.5.03

In Lombardia al vento le ceneri del caro estinto

Speriamo che questa legge passi anche qui. Ho sempre desiderato essere cremata e sotterrata in una scatola di legno sotto un albero. Mi sembra il modo più costruttivo, ottimista e utile per terminare una vita. I miei parenti e i miei amici - quelli che avrò quando sarà ora di andarmene; spero siano tanti - non saranno costretti al rito penoso della deposizione dei fiori sulla mia lapide. Per vedermi viva, basterà guardare l'albero. Per me, che credo nel dovere di essere utili agli altri in qualche modo, sempre, e che porto la tessera di donatore di organi nel portafogli (hai visto mai), sapere che dopo la mia dipartita dal mondo dei sensi quello che avanza di me potrà servire a qualcosa, a nutrire la vita, sarebbe il massimo. Visto che non posso non morire, e che alla fine non voglio, perché non sarò giovane e forte in eterno, quantomeno mi piacerebbe sopravvivere in qualche forma e nutrire le mele. O le susine. O altro frutto a scelta.

Domani: il balletto di "Chihuahua!"

15.5.03

Eleganza est-europea

Se è vero che la moda globalizzata sta facendo sì che i ragazzi e le ragazze di Singapore si vestano esattamente come i loro coetanei di Abbiategrasso, è anche vero che la maglietta globalizzata (unita al jeans globalizzato) non è ancora riuscita ad aver ragione di quel je ne sais quoi che qualifica, istantaneamente, l'appartenenza geografica degli individui. Non stiamo parlando di colore o di forma della persona - sempre meno rivelatrici della cultura di appartenenza - ma piuttosto di cosmesi.

Ragazzi, non c'è niente da fare, ma le croate si riconoscono ancora prima che aprano bocca. Sono quasi sempre altissime (le guardo e penso: madonna, ma io faccio impressione così?), ma non è questo a tradirle: è piuttosto il loro approccio un po' artificiale al trucco e all'acconciatura. Litri di lacca, sopracciglia depilate fino all'inesistenza, incredibili cofane di capelli dai colori più improbabili (visti ieri su una signora entrata in uno dei bar di Via San Nicolò), labbra bordate di matita. È come se le hrvatzkericonoscessero e sottolineassero l'artificio della femminilità, e ne tradissero l'assioma principale ("Che si veda il trucco, ma non l'inganno") volontariamente.

Trucco come pittura di guerra, che segnala la disponibilità sessuale, o ultimo baluardo del gusto est-europeo, pronto ad essere assorbito dall'europeizzazione?

14.5.03

Sempre a proposito di droghe leggere e legalizzazione, Mike Skinner, meglio noto come The Streets, è l'autore di una delle disamine più intelligenti dell'ipocrisia governativa riguardo a droghe leggere e alcool, The Irony Of It All. Geniale.

9.5.03

Il treno è una enorme vetrina. certo, questo è il periodo delle gite: ( "ragazzi state vicini", Alberto -nome a caso- togli la valigia) ma forse la cosa più bella, è la tesi di laurea.
il viaggio da tesi di laurea, interessa tutta una famiglia: grupponi di parenti più o meno stretti, che vanno a vedere la laurea della / del protagonista.
Gente che spesso e volentieri ( almeno nella tratta che faccio io) l'Università non sapeva nemmeno esistesse, genitori che hanno lavorato nei campi e fabbriche fin da giovani; a volte devono pensare la frase prima di dirla in Italiano, xchè poi , non si sa mai che facciamo far brutta figura se si parla solo dialetto.
Ma a mio vedere persone così fanno molta tenerezza, xchè vedi come ci tengano all'immaginario del "mio figlio dottore laureato" (in questa categoria in miei genitori ci vanno in pieno) , laddove loro per varie avversità della vita hanno si e no la 5 elementare.
Mi direte voi: ma ci saranno i genitori con laurea, che sanno cosa è un "mondo accademico": risposta, hanno spesso l'aria supponente, del "so tutto io è inutile che me lo spieghi": quindi mi risultano estrememente antipatici.
Invece è bello vedere gli occhi gonfi di orgoglio, di "guardatelo quello è il mio ragazzo" che in qualche modo colpisce dritto il cuore: ma in treno si ci sbotona si chiacchiericcia, si fa spettolelezzo di paese: e si vede la nonna accanto alla figlia (all'eta della figlia per lei fare un viaggio così era inconcepibile, da raccontarlo alle amiche per mesi) tutti eleganti che l'occasione è speciale: il moroso fa le foto le sorelline giocano.
si chiacchiera della vicina di casa, si parla del futuro( adesso vediamo che si trovi un posto "dignitoso"), forse in fondo ci si ritrova.
Scenette come queste ti fanno ringraziare di vivere e lavorare in una biblioteca.
Il Barbiere del cuore

Per ognuno c'è qualcuno, e anche per i giornalisti: le fila dei forzati del desk non saranno più single e disperati, grazie a questa iniziativa.

Peccato non aver proseguito con l'onorata professione.

7.5.03

The Windows approach to problem-solving

Un po' di tempo fa mi sono accorta che ho adottato alcuni automatismi sospetti. Se quando apro il frigo la luce non si accende, lo chiudo e lo riapro. Se il televisore fa la neve o il canale è disturbato, spengo e riaccendo. Quando il motorino mi si ingolfa, mi fermo, giro la chiavetta e lo faccio ripartire. E quando uso un'applicazione che non sia del pacchetto Office, mi incazzo da morire se non trovo il tasto "Annulla digitazione".

E' l'approccio Windows alla soluzione dei problemi: spegnere, riaccendere o riavviare per eliminare qualsiasi blocco. Questo è il primo stadio, per ora limitato agli oggetti. Cominciate a preoccuparvi se cerco di ridurvi a icona mentre cercate di spiegarmi un problema ("mentre si carica la pagina, faccio qualcos'altro") o se scendo e risalgo dalla macchina che non tiene il minimo ("Riavviare il sistema").

Anzi, no.
Fatemi un debug.

6.5.03

Alla festa delle medie...

Quando avevo undici anni e mezzo, i miei si sono trasferiti a San Giovanni di Casarsa. Un paesino minuscolo che è frazione di Casarsa della Delizia, di suo già non una metropoli. A prezzo di grandi sacrifici erano finalmente riusciti a comprarsi una casa, e per loro significava molto.

Per me, significava soltanto l'ennesimo sradicamento: da Pordenone a Tramonti di Sotto, da Tramonti a Pordenone, da Pordenone a Casarsa. Ero sempre la ragazza nuova, quella che doveva conquistarsi gli amici, provare di essere degna di far parte del nuovo gruppo sociale in cui veniva introdotta. Con ogni trapianto perdevo i miei compagni di giochi, perdevo le mie abitudini e la mia tranquillità. Ero una bambina timida, silenziosa, vulnerabile, incapace di fare del male e quindi di difendermi dal male altrui, il perfetto bersaglio del bullismo di paese. L'ultimo arrivato è sempre una preda ghiotta per la crudeltà del branco. Entro un mese mi ero guadagnata un soprannome (Visitors - beh, va bene, bella non ero) e soprattutto, misteriosamente, un bagaglio di pettegolezzi. Dicevano che stavo dietro a uno. Luca, mi pare si chiamasse.

Il fatto era che io questo non sapevo chi fosse. In paese conoscevo pochissima gente, e questo qui non era mai neanche entrato nel mio campo visivo. Ci fosse anche entrato, a undici anni e mezzo io ero più interessata alle mie Barbie che ai ragazzi. No, ero interessata SOLO alle mie Barbie. E in ogni caso, mi pare di ricordare vagamente questo Luca: secco secco, capelli biondastri ricci, e la dotazione standard di acne giovanile. Un tizio, insomma, né popolare né impopolare. Lui non sapeva chi fossi. Io non sapevo chi fosse. E non me ne fregava niente.

Mesi di prese per il culo, di coretti sottovoce quando passavo, di risatine se per caso io e il suddetto ci trovavamo ad incrociare le orbite a meno di cento metri. Non credo di averci mai parlato, con questo qui. Chissà che effetto gli faceva, essere legato dalle chiacchiere alla brutta del paese.

Avanti veloce diciannove anni, vivo a Trieste e ormai ho il mio piccolo giro. Non sono più la brutta del paese, perché il paese è una città e io non sono più brutta. Però anche le città ha le sue clique, che sono chiuse esattamente come quelle del paese. Essere nuova in una di queste clique è difficile, anche se si hanno alle spalle più di due decenni di traslochi, trasferimenti e nuovi inizi. Perché i nuovi sono fluorescenti, e qualsiasi cosa facciano (che non sia stare in un angolo con un bicchiere in mano) è peccato.

Al concerto a cui vado c'è una clique nuova. La cosa non mi preoccupa. Ballo, bevucchio un succo di frutta, parlo con i pochi che conosco e anche con quelli che conosco poco. Mi sembra normale: se conoscessi un sacco di gente, forse il mio giro sarebbe più ampio. Ma sono appena arrivata. Parlo con chi posso. Stare in piedi in un angolo con un bicchiere in mano non è nel mio stile. La maggior parte di quelli che conosco, oltretutto, si è infrattata. E' un po' come la "festa delle medie" di Elio e le Storie Tese: nessuno ti cerca deliberatamente, perché non fai parte del gruppo. Per cui tocca a te cercare la compagnia degli altri.

Pensate che la purdah sia in vigore solo nei paesi islamici? Non siete mai stati una donna sola in un locale nuovo. Pissi-pissi, bao-bao. Attenta a quello che fai. O almeno, portati uno chaperon. Altrimenti, tuttipenseranno che ci stai provando con il primo con cui parli più di trentadue secondi.

Forza Panino! Forza Panino!



5.5.03

La Veloce, economica, "cool" Benvenuti nella McFashion

Beh, avevo sempre saputo di essere malata. Malata di shopping, per la precisione: ma in questo momento, solennemente, rinuncio ufficialmente all'acquisto di qualsiasi capo di abbigliamento, dalle mutande alle calze (per non parlare di scarpe e vestiti) per il prossimo mese. Mi riservo di concedermi cosmetici e CD, ma potrei operare dei tagli anche in quel senso.

Sembra facile?
Non per me. Equivale a smettere di fumare per uno che va a due pacchetti al giorno, e che accende le sigarette senza rendersene conto. Io compro, e manco me ne accorgo. Un tempo compravo e indossavo, ora spesso compro e non metto; per cui, è ora di darci un taglio. Tornare all'austerità dei miei anni da universitaria (durante i quali però, va detto, avevo a mia disposizione anche l'armadio di Sofia, e lei il mio).

Vediamo se ci duro.

4.5.03

Scaricatevela, infedeli!

Ya no estás más a mi lado, corazón,
en el alma solo tengo soledad.
Y si ya no puedo verte
porque Dios me hizo quererte
para hacerme sufrir más.
Siempre fuiste la razón de mi existir
adorarte para mí fue religión.
Y en tus besos yo encontraba
el calor que me brindaba,
el amor y la pasión.
Es la historia de un amor
como no hay otro igual
que me hizo comprender
todo el bien, todo el mal,
que le dio luz a mi vida
apagándola después.
Ay qué vida tan oscura
sin tu amor no viviré.

(La historia de un amor, tratta dalla colonna sonora di La finestra di fronte, nell'interpretazione di Guadalupe Pineda)

2.5.03

Essiccomechè Decibel è stato in Irlanda e ha già bloggato di conseguenza:

Decibel Kommando in Irlanda: tutta la verità.

1.5.03

Bentornato, Decibel! Hai qualche perla da regalarci?

Quello che è successo qui, almeno a me, è più sotto.
sono tornato dall'Irlanda: la nuova veste del blog, mi piace perchè è "verde". Mi ricorda la metro di Dublino.
ci sarà tempo per raccontare.
per ora, bentrovati, Corrado e Giulia.

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