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30.4.03

CLARENCE - Quarantadue: Uomini e donne: il fine giustifica i mezzucci

In questa giornata un po' così, che ho voglia di tirare fuori un ak47 e sparare s uno dei clienti principali dell'azienda, questo articolo di Gianluca Neri mi ha fatto fare una sana ghignata.

Ne avevo bisogno.

Peccato che si sappia che io so far funzionare il mio videoregistratore.

29.4.03

Storia di Bill May l'uomo più bravo di tutte

In questi giorni in cui la SARS è arrivata a Trieste nascosta nel corpo di una bimba cinese, l'esercito americano ha aperto il fuoco su un corteo di manifestanti in Iraq, è morto Cicciuzzo e Ciampi è l'oggetto di un rinnovato culto della prestanza fisica del leader (vedi Mao e le sue nuotate nello Yang-Tze), la notizia-feelgood di oggi è questa: il nuoto sincronizzato potrebbe non essere più solo uno sport per signorine. Grazie a Bill May, nuova stella di questa disciplina, che in America non può gareggiare perché il nuoto sincronizzato è - da non crederci - proibito per i maschi della specie, ma che forse in Europa potrà avere lo spazio adeguato alle sue doti.

Perché no? Le donne hanno lottato per secoli per avere accesso alle professioni tradizionalmente maschili. Se io, volendo, posso diventare Carabiniere, perché un uomo non può diventare synchronette?

Forza Bill.

28.4.03

Il Bugo con la gente intorno

E' stato un Bugo-weekend: il nostro è arrivato sabato pomeriggio ed è, da quanto ne so, ancora qui (o meglio, in Casa Cavana, residenza di Enrico, già bassista dei Tre Allegri Ragazzi Morti). Sabato sera, la Delegazione Triestina (ormai lo posso scrivere con le maiuscole) è andata a cena a casa di Sandra, dove l'esaurimento delle batterie della mia macchinina fotografica ha fatto sì che momenti come Enrico con la figlia di Sandra addormentata sulle ginocchia o Bugo che giocava con Felix, il figlio di un'amica di Sandra, andassero persi per sempre come lacrime nella pioggia.

Post-cenam, ci siamo trasferiti in mezzo ai boschi di Draga (sull'estremo confine italo-sloveno) per una nottata di perdizione, musica, alcool - tranne la sottoscritta, che è in semi-ramadan per scontare un po' di peccati arretrati - e degenerazioni varie.

Ieri sera, domenica, tutti a cena da Anna Paola, con supplemento di bevuta e, finalmente, foto demenziali a manetta. (Chissà se è venuta fuori quella di Bugo con una penna nel naso. Speriamo di sì.)

Com'è Bugo da vicino? A parte divertentissimo, anche molto intelligente, e serissimo in quello che fa. Il bonus della composizione della compagnia (quasi tutti musicisti, ex musicanti o militanti nelle frange della "scena") ha reso le conversazioni parecchio interessanti. Si è parlato di tour, di tecnici del suono no-global, di guida spericolata, di locali col palco rasoterra, di pubblico, di testi di canzoni (sample dialogue: " Stavo scrivendo questo testo... e sai la prima persona singolare del verbo 'riempirsi', no, è 'io mi riempio'. beh, non mi piace 'riempio' così ho messo 'io sono pieno'."), di scrittura come attività mediatica (anche io ci dovevo mettere i miei due centesimi...)

Alla fine, sono contenta di non essere andata al Velvet. Scusa, Renzino.

25.4.03

Bugo, la camicia e la tenda a righe

Mortegliano, per chi non c’è mai stato, è un posto molto, ma molto umido. La delegazione triestina – composta da Anna Paola, Alessandra, Sara e la sottoscritta – si aspettava un po’ di freschino, ma non questo freddo agghiacciante, umidissimo, paralizzante. Però suonava Bugo, al secolo Christian Bugatti, il Rino Gaetano della nostra generazione (ve ne accorgerete fra trent’anni, quando i figli e i nipoti vi canteranno in modo ironico Pasta al burro), e le ragazze Bugo lo conoscono. Come al solito, io sono quella che non conosce nessuno. Vabbè.

Bugo si presenta sul palco in una camicia verde Padania con scritto sopra, a pennarello: Questa camicia non piace a nessuno. Sarà il colore, o sarà che Bugo sta nei vestiti come un rastrello in una palandrana, è alto e lungo e secco e si vede che è cresciuto in fretta, senza rendersene del tutto conto. Comunque sia, si mette al collo la chitarra acustica e l’armonica, e suona i primi quattro pezzi del concerto da solo. I suoi testi, mezzi cantati mezzi ululati, sono al limite del genio. Semplici semplici, come le preghiere di Tender Branson: “Vorrei avere un Dio/così avrei qualche cosa da fare la domenica”. Ci si può trovare, nei testi di Bugo. È una qualità che non tutti i parolieri hanno.
Alla fine del set acustico – condotto stile jukebox umano, con il pubblico che urlava i titoli delle canzoni che voleva sentire e lui le suonava – è entrato il resto del gruppo, ed è partito il set rock. Qui l’amplificazione e l’acustica non eccelsa della tenda a righe (sempre quella) sotto cui si svolgono i concerti si mangiano la voce (e con quella i testi, peccato) e fanno sì che la chitarra mandi strazianti fischi di feedback.
Bugo salta in giro per il palco, abbatte aste di microfoni, inciampa, sale sulle casse spia, fa una capriola. Per rappare Pasta al burro si infila una tunica da cantante gospel tutta spiegazzata, si arrampica dove capita, assume pose da evangelista. Io dico: a un certo punto, buona parte del divertimento deve venire dal fatto di stare su un palco e fare numeri e sapere che c’è chi ti paga per questo.
Comunque. Grande concerto. La delegazione triestina si ritira sotto il tendone della birra, dove viene raggiunta, poco dopo, da Bugo in persona.

Bugo e il Larsen

Dopo essersi anche sdraiato sul tavolo, Bugo dice ad Anna Paola di seguirlo, così le dà il disco. Il resto della delegazione si accoda, e attraversa rabbrividendo il tratto di prato che separa la tenda della birreria dal palco, e relativo retropalco. Ho i jeans umidi, le trecce idem. Sara, con le sue scarpine da Alì Babà, ha i piedi bagnati, il che è anche peggio. Arriviamo nel container che fa da camerino irrigidite dal freddo. Io conquisto un divano, e mentre Bugo sparisce con Sara e Anna Paola, mi metto a chiacchierare con il fonico e il batterista. Si parla di acustica, e io accenno ai fischi della chitarra. “Un po’ troppo Larsen” dico, facendo un po’ la sborona e memore dei tecnicismi imparati da Deko e Efrem quando ero nei Sofà.
“Larsen?” Fa il batterista, Christian.
Segue spiegazione.
“Ma non si chiama feedback?”
“Sì, ma Larsen è l’effetto ‘fisico’.” Spero.
Partiamo per la tangente, e la colpa del suddetto Larsen viene addossata al fuzz di Bugo “che ha un fuzz di merda” sentenzia il fonico. “Anzi, diglielo, quando torna… che c’era un larsen tremendo perché il suo fuzz fa schifo.”
Risultato? Dopo un quarto d’ora di sfottò all’indirizzo del suo fuzz e di “Larsen” buttati nella conversazione a caso, sottoforma anche di proverbio, mi trovo Bugo che mi strilla in un orecchio: “IL MIO FUZZ È IL MIGLIORE FUZZ DEL MONDO! È UN SUPERFUZZ!” e variazioni sul tema del Larsen.
Fra Larsen, birra, chiacchiere e prese per il culo (mi dispiace solo che, nell’ilarità generale, non abbia creduto al fatto che i suoi testi mi piacciono davvero: ormai mi aveva presa per quella che sfotte, e non credeva a una parola) si fanno le tre di mattina. Bugo si offre di portarci in furgone fino al parcheggio. Guida come sta sul palco: fa curve e curvoni e gira su se stesso nel buio dei campi di Mortegliano, ma alla fine ci scarica vicino alla Ka di Sara.
Ci saluta tutte, me inclusa: “Rompipalle!”
Eh, inquadrata…

P.S. Con questa entry saluto demoniovegano, che ho appena finito di sgridare perché le sue sono troppo lunghe.




24.4.03

Tombola!

Hanno chiuso l'ultima sala Bingo di Trieste.

Capirai, sorpresona: Bingo è solo un altro modo di dire "Tombola". Americano (e quindi per definizione più fico), ma sempre tombola è, e in America si gioca al circolo parrocchiale. Io vorrei sapere chi è stato il volpino che ha pensato che gli italiani avessero voglia di giocarsi lo stipendio a tombola. La mia generazione, quando pensa alla tombola, si sente tornare su i pranzi di Natale dei primi tredici anni della sua vita. Se non anche quelli dopo.

Ci ricordiamo le cartelle bisunte di pandoro e zucchero, i fagioli da mettere sui numeri (anche quando le cartelle erano di quelle di plastica con le finestrelle, perché le finestrelle, dopo un po', si bloccavano), le puntate da dieci e venti lire, la nonna che metteva su un'altro giro di caffè, e poi tutti a letto, ad aspettare la mattina di Natale e lo scartocciamento dei regali.

Con un sedimento mnemonico di questo genere, era matematicamente impossibile che i trentenni (veri babbei del videopoker, del casinò e del gioco d'azzardo in generale) andassero a giocare a Bingo. E infatti...

21.4.03

Pasquetta

Sono a casa, come si capisce. Non è che mi dispiaccia. Quando ero adolescente, Pasquetta era un'istituzione, via tutti in mezzo ai campi con gli amici. Finita l'adolescenza, passata la fissa per la Pasquetta. Mi piace avere una giornata per fare quello che mi pare, stare a casa a scrivere e non fare niente. Mi piace, questa festa comandata senza divertimento comandato. Capodanno, ad esempio, mi mette sempre angoscia. Ma Pasquetta, che bella Pasquetta. Ci si rilassa davvero.

Questa settimana lavorativa passerà come un lampo causa viaggio di lavoro il mercoledì. E poi, il venerdì, sotto con i festeggiamenti. Che vita :)


18.4.03

Appunti

La Repubblica/politica: Gli sceriffi dello spinello

E' inutile che ci mettiamo a cantare "legalisa-legalisa-legalisaciòn" con gli Ska-p. Non siamo noi a governare: e quindi va bene imbeversi il cervello di gin&tonic (guardate pure in questa direzione), va bene fumare due pacchetti al giorno, va benissimo massacrarsi di diete e abusare di lassativi per diventare magre come Fernanda Lessa, e va perfettamente bene ingollare dosi-limite di psicofarmaci, basta che siano prescritti dal medico (che pur di toglierti dai piedi ti prescriverebbe anche il cianuro). Ma la canna nooooo, la canna è una roba da fricchettoni, la canna fa male alla morale! Le droghe leggere saranno non proibite, di più; e mentre in America l'uso della marijuana sotto controllo medico è stata autorizzata in alcuni stati, perché guarda un po', si è scoperto che è efficace nella terapia del dolore, e in Olanda gli olandesi fumano e vivono felici lo stesso, qua in Italia... vita di merda; e neanche una canna.

Un autobus triestino in primavera sa di lacca per capelli, profumo misto femminile, vecchietto, sudore e dentiera.

Nonostante il mezzo chilo di cereali ingollato stamattina a colazione, ho fame.

Quelli che non caghi ti chiameranno sempre sei volte per verificare che no, proprio non li caghi. Il silenzio, da parte tua, non è sufficiente.

17.4.03

Erm, è vero, sono spariti; ma fino a due ore fa c'erano. Non credo sia un casino che ho fatto io, ma piuttosto un malfunzionamento di questo stramalnato sito.

Adesso provo a ripubblicarli.


Uh, Corrà... io li vedo... che ti devo dire? Sono nella colonna di sinistra, come prima.

Ti rallegrerà sapere (e forse rallegrerà anche l'altro latitante, Decibel) che forse avremo non una ma due nuove entrate nel blog collettivo. Non faccio anticipazioni perché nessuno dei due reclutati ha ancora accettato ufficialmente l'invito, ma sarebbe bello avere nuove voci e nuove storie da aggiungere a quelle che già facciamo quotidianamente.

Mi parli di crisi di valori? A me, che al posto del cuore ho una tagliola che scatta ogni volta che qualcuno ci si avvicina?


The Brick Testament

Un genio, l'artista che ha ricreato buona parte della Bibbia usando i mattoncini e gli ometti della Lego. (Il sito era segnalato su Clarence.) I personaggi non sono solo espressivi, ma anche ben fotografati.

Oggi ho la giornata piena, ma anche le gonadi.

15.4.03

CLARENCE - WWWar

Ma siamo proprio sicuri - sicuri, sicuri, sicuri - che Saddam Hussein esista veramente? Io comincio ad avere i miei dubbi. Innanzitutto, non si è capito quale sia quello vero. Ci saranno almeno quattro Saddam accreditati, tutti risultato di operazioni di chirurgia plastica. (Aow. A me il naso fa ancora male. Figurati a questi che si sono fatti rifare interamente la faccia.)

Se non si riesce a capire quale sia il Saddam vero, come facciamo ad avere la garanzia che ne esista uno? Saddam Hussein potrebbe tranquillamente essere un avatar, una personalità fittizia, un capo simbolico che cela in realtà un'oligarchia potentissima. Saddam potrebbe essere una non-entità, un'identità collettiva per diversi malcapitati finiti sotto il bisturi di un chirurgo abilissimo.

Saddam potrebbe essere morto anni fa, e non ci sarebbe modo di saperlo. I suoi quattro cloni credibili (senza contare quelli di fortuna, come quello ingrigito e chiatto che hanno tirato fuori dal cilindro un po' di tempo fa - suvvia, gli altri dov'erano, dal chirurgo a fare il tagliando?) potrebbero essere solo gli eredi di fattezze prefabbricate, pupazzi di carne al servizio di un'icona.

E' un po' che 'sta idea mi frulla nel cranio... e più la rimugino... più mi sembra credibile. Se qualche scrittore di fantapolitica ne volesse approfittare, si serva pure. (Ma sarò la prima che si tira 'sta paranoia cospiratoria?)

14.4.03

Canzone del giorno (se la mia vita durasse un giorno)

"Dreaming Of You" - The Coral

Phew.
Riecco gli archivi.

Più tardi proverò a pasticciare ancora con il template per cambiare un po' i colori (almeno quello del carattere.)

Si vede molto che qui non succede una banana di nulla che valga la pena di raccontare? Ah, no, dimenticavo il concerto dei Breakfast di venerdì scorso. Magari stasera butto due righe. Vediamo.
Prove tecniche di trasmissione

Porcamiseria, come ho fatto a far sparire gli archivi???
Argh.

12.4.03

Ecco... adesso ci piace di più!
Ho pasticciato un po' con il template del blog perché mi ero stufata, ma ovviamente ho incasinato la colonna a lato. Se qualcuno sapesse come metterla a posto (ALEX! AIUTO!) potrebbe buttarmi una mail? Grassssie.

11.4.03

Il mio è un osservatorio privilegiato: davvero, si possono notare cose che magari a prima vista si tralasciano. L'utente che vuol parlare (e si accontenta del "dipendente"), l'utente che viene solo per tirar sarde (etimo che abbiamo anche noi qui nella città delle gondole felici), oppure quelli che studiano modello "culo di pietra" non si alzano se non per tornare a casa.
Se sono gentili oppure no, se sono impazienti, se non li aiuti e iniziano a farti capire con piccoli segnali che "tu sei un incapace magari se chiedo all'altro riesco ad uscire da sto casino".
Se vagano per la biblioteca come anime in pena, perché un appuntamento mancato o la tipa a cui vanno dietro non c'è.
Se son venuti a far nulla e tanto "oggi non si combina un cazzo" quindi passano dal bar poi in giardino poi di nuovo al bar: se guardano i libri con aria annoiata, li rimettono male a posto, poi si fermano a vedere se c'è in amico e poi al bar .
Mentre fanno la fila aspettando che noi li serviamo e aspettano pazienti: (lì capisci come si sentono quando fai la fila al supermercato) e capisci anche come si sente la cassiera a vedere una fila di 45 persone che non finisce mai.

L' altro giorno è venuta una donna inglese (anziana ma mi dicono molto famosa) lei fotografa biblioteche, e pubblica i suoi lavori in libri specializzati per architetti. In realtà la nostra situazione è un po' atipica, ma il concetto di riuso del costruito è comune alla nostra essenza di veneziani.
Insomma lei è molto gentile, fa tutto quello che deve fare, e se ne va, chiede "permesso, scusi" , toglie i carrelli perchè le dan fastidio, ma poi (credo) scatta delle belle foto.
Ci lascia anche delle sue pubblicazioni omaggio, e noi siamo molto contenti (il bibliotecario non ne ha mai abbastanza).

10.4.03

La ragazzina brutta

La vedo tutte le mattine, scendendo da via S. Michele. Non credo che si sia accorta di essere stata notata. Gira lo sguardo schermato dalle enormi lenti degli occhiali sul mio scooter arancione, e forse si ricorda di averlo visto anche ieri, e il giorno prima, ma forse no.

Siamo due abitudinarie, io e lei. Ci incrociamo sempre nello stesso punto alla stessa ora. Io sullo scooter arancione, lei a piedi con il suo cappottone e la borsetta a tracolla. E' piccola di statura, e la carnagione tradisce geni sudamericani o asiatici, è difficile da dire. Ha una montagna di capelli crespi color topo, sempre legati da un elastico sulla sommità della testa, in una mezza coda che potrebbe essere un mezzo tentativo di vanità, oppure solo una misura estrema per tenere i capelli lontani dalla faccia. E' sovrappeso di almeno venti chili, ha la faccia tonda, il naso a patata e la camminata goffa.

E' bruttina, insomma. Un corpo ovviamente infelice. Sempre da sola, ogni mattina; forse abita lontano dalle compagne di scuola. Ogni mattina, quando la vedo, mi domando come siano le sue giornate. Forse non è giovane come sembra. Forse è solo una di quelle facce nate con un'età stampigliata sopra, che non crescono e non invecchiano e rimangono impenetrabili finché un giorno non crollano tutto d'un colpo. Forse non va a scuola, forse lavora. All'ora in cui la incontro, dovrebbe già essere in classe da un pezzo. Come sarà la sua vita? Come sarà la sua famiglia? Sarà anche lei una di quelle che la mamma e le zie guardano con affettuoso compatimento, riponendo nelle sorelle e nelle cugine più belle la fiducia nella propagazione dei loro geni migliori? Crescerà, diventerà bella a dispetto del materiale di partenza, e spezzerà infiniti cuori? Oppure resterà così indefinitamente, si innamorerà di un uomo bruttino e avrà figli bruttini e amatissimi? O è già innamorata del bello della scuola, o del bello dell'ufficio, che le guarda attraverso o peggio ancora, le confida le sue conquiste e le si appoggia per ottenere informazioni sul genere femminile che non riesce ad estorcere alle altre ragazze, tutte troppo occupate a flirtare con lui? Sarà felice, o soffrirà? Avrà una vita piena e soddisfacente, o la sera piange seduta sul letto?

Sono già in via Diaz, e lei non c'è più. Si è allontanata con la sua storia segreta.

Giu

7.4.03

Withdrawal syndrome

Non duro mai molto.

Il problema qui è la vita in generale. Mentre Decibel e Corrado si danno alla macchia, fuggendo forse dalla furia di questa donna in crisi esistenziale (o meglio, come ha detto un mio ex ieri, "Tu sei in paranoia cronica"), io continuo a fare da spettatrice dello scontro fra l'ideale (una costante lietezza di vivere legata all'essenza stessa del mio essere viva, in possesso della mistica del femminile, e perfettamente equipaggiata per vivere in totale felicità e armonia con me stessa) e il reale (vita di merda, quotidianità annichilente, zero prospettive, silenzio dell'anima, da sola mi annoio).

Che faccio? Mi do alla stregoneria? Allo yoga? Agli sport estremi? Sono paralizzata. Di nuovo. Da brava Signorina Nessuno, non riesco a trovarmi un'occupazione che mi porti fuori dal trituramento quotidiano delle otto ore d'ufficio fatte essenzialmente di un costante randellamento della mia creatività. Ho bisogno di attendermi qualcosa. Anche qualcosa di piccolo, ma che sia piacevole. Invece niente. Oltretutto, fa freddo e nevica. Sì, nevica. In questa città del cazzo, nevica! Neanche il gusto fisico del mettersi i sandali e godersi il sole d'aprile sui piedi.

Ti credo che poi una cerca di buttarsi sull'umano e finisce ingarbugliata nella rete della superficialità e dell'insicurezza maschile. Meno male che ci sono le mie amiche, le mie amiche sagge e contente di se stesse, che io guardo cercando di capire come fanno, e alle quali mi rivolgo quando ho voglia di sentirmi bene, e non inadeguata, trascurabile e temporanea.

Giu

4.4.03

Mood swing update

Grrrrrrrr!
Oggi no, oggi ho le palle girate.
Ma non potevo nascere uomo? O lesbica?

Ocio, oggi mordo.

Giu

3.4.03

Renton non abita più qui

Come mi sento leggera, quando non ci sono uomini a complicarmi la vita. In questi giorni ho il peso specifico dell'azoto. Scrivo, mangio, vado in palestra, guardo la televisione, pianifico il mio ritorno sul mercato editoriale con una fiducia che stupisce prima di tutto me. Il mondo risponde con un entusiasmo fuori dal comune. Il direttore editoriale della Lint, Valerio Fiandra, mi incoraggia a spedire in giro la nuova creatura "che però andava riscritto, eh? L'hai riscritto?" Beh, sì. Un po'. Ma non sono sicura di averlo riscritto come voleva lui. Comunque, forse sarà più contento del prossimo, che è più naturalistico.

E' strano. Ho pubblicato un libro, che è andato anche abbastanza bene, soprattutto in termini di ricezione. E ancora ho paura del giudizio degli altri, e mi stupisco della loro fiducia nel mio potenziale, anche se io sono la prima ad avere più fiducia nella mia abilità di narratrice che nell'attrattiva delle mie gambe. So che lo so fare, e il fatto di avere ancora da imparare, invece di essere un deterrente, è uno stimolo. Spero e cerco sempre di fare meglio. Prendo appunti sulle critiche, cerco di riparare ai miei difetti (la fretta, i finali), cerco di trovare nuove strade per i miei punti di forza.

Tutto questo, in presenza di uomo, diventa difficile, sia che la storia sia bella (perché ho altro per la testa) sia che sia difficile e malata. E adesso, per la prima volta dopo anni, sono libera. Oddio, c'è sempre qualcuno che mi piace, con gli ormoni non si discute, ma le lunghe e trascinate ossessioni, gli amori impossibili e quelli non corrisposti... tutto finito, tutto ben archiviato e catalogato e messo via, pronto ad essere riutilizzato in narrativa.

Chiuse le guerre di nervi con gente che fa della testardaggine un baluardo. Chiuse le schermaglie con predatori e sportivi della conquista. Chiusi i rancori con gli ex fidanzati colpevoli di anni di resistenza passiva in faccia ai miei tentativi di far funzionare una storia che se ne andava alle cozze. Sono pulita, come un'eroinomane il giorno dopo l'ultima crisi di astinenza. Pulita e stanca, ma energizzata.

Ora devo solo stare lontana dalla roba, e santiddio, ce n'è così tanta in giro. Nessuno è più portato alla ricaduta di un ex tossico...

Pregate per me, chi può e chi sa.

Giu

1.4.03

Mangiare, dormire, scrivere
Sesso: lasciamo perdere

Boia d'un mond lader, come mi piacerebbe essere una di quelle che trombano per sport. No, davvero! Una di quelle che vedono uno che gli piace e alehòp, via a letto senza remore, così, alla bersagliera; e poi non lo vedono più, o meglio di tutto lo vedono senza farci una tragedia in tre atti con coro greco di amiche ("Te l'avevamo detto/o misera/di non fare/la Carrie Bradshaw de noantri"), oppure continuano a trombarci sempre per sport e senza il minimillimo coinvolgimento emotivo.

Mi piacerebbe una cifra; invece devo stare attenta, perché io sportiva zero, ma incline al melodramma... assai. O meglio: più che incline al melodramma (cosa che non sono proprio moltissimo, dato che tendo a nascondermi in un angolino con il mio dolore, piango ma piango per gli affari miei o con gli amici fidatissimi, non parlo, mi limito ad avere un umore di merda per un po' di tempo), sono esageratamente generosa con i sentimenti, per cui chiunque può affondare il coltello. Vorrei essere una di quelle che fanno sesso per sport perché significherebbe che riesco a tenere il mio cuore per me.

Anche adesso, ci riesco mica tanto. Ma alla fine, un blog serve mica solo a far vedere quanto sei figo e informato e dotato di opinioni sui fatti del mondo. O forse Corrado mi ha dato la stura. Comunque volevo dire questa cosa di me, che forse suona male, ma è vera. Non sono una sportiva del sesso. Non che non ci abbia provato, ma è proprio al di fuori della mia portata.

E siccome gli uomini mi consumano, proverò ad astenermene per un po'. Vediamo se ci duro, o se mi fregano di nuovo. Ho scoperto di rappresentare un'attrattiva irresistibile per gli sportivi della sarda*, Dio solo sa perché. Forse perché non sarò una sportiva del sesso, ma della sarda sì. Urca. Sono una campionessa mondiale di lancio della sarda. Sempre che l'uomo in questione o non mi interessi, o sia fuori portata perché impegnato (così non rischio niente), o sia già palesemente interessato a me, per cui la densità delle sarde scambiate arriva a livelli da Mercato Ittico.

Cosa faccio, se non sardòno e non ciulo? Scrivo. E mando in giro la mia ultima creatura, Vera, di cui ho appena finito le revisioni.
Fatemi gli auguri.

Giu

* Per i non triestini: buttare sarde = tacchinare, marpionare, fare il provolone con.
Extreme Ironing Bureau :: Ironing under the sky

Rubo questo link allo strepitoso blog dello strepitoso Dave Barry. Consigliatissimo ai lettori di For Men.

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